XXVI Il viandante: profumo di glicine

Dimentico il tanfo di quella stanza che mi vide prigioniero di un mondo deformato da paranoie e strane follie...


Ricordo quando finalmente, un giorno, entrò quel raggio di sole, atteso da sempre. Esso si posò davanti  a me tagliando lo spazio in due: al di là un nuovo mondo. 
Rividi la mia strada e piano piano tornò il sorriso. Io non sorridevo più, i segni sul mio viso raccontavano solo tristi realtà, la forma delle mie labbra...i miei occhi che si allungavano verso il nulla...ma adesso basta c'era di nuovo il sole dentro la mia anima.


Finalmente il giardino dell'Io dentro cominciava a respirare, a prendere colore, il lungo inverno aveva ricoperto tutto di candida neve, il gelo aveva reso tutto fragile, arido: portavo dentro un giardino in bianco e nero.

Adesso invece era tutto un germogliare di emozioni e quel tutto veniva riempito da un lieve profumo di glicine. Fiori di pesco avvolgevano le mie stanchezze e io mi rafforzavo; piano piano salivo in superficie. Non vedevo l'ora di respirare libertà. Sento ancora la sensazione di piacere mi vengono i brividi a pensarci.


Un certo messere Impalcò mi disse che dovevo spostarmi presso le casette che guardano il monte, non volevo lasciare Imperia, c'erano la mia Guida, madame Le Rouge, con loro assaporavo i momenti piacevoli del riposo e della condivisione e poi lì c'era il cuore d'Imperia, non potevo allontanarmi, non ancora.


 
Fortuna volle, fu più intuito che fortuna a dire il vero, che nelle stanze di
 mezzo c'era un posto non abitato era un piccolo antro, un posto sicuro. Ritornai speranzoso da messere Impalcò il quale mi guardò e mi disse "perchè no"...lo ringraziai.

Chiamai Calantha e le dissi che avevo trovato un posto, per me era tutto nuovo. 
Ma a chi dava sicurezza quel posto e perchè.
Il mio inconscio camminava sul filo del confine, esso sapeva bene da chi proteggermi.




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